“Che cosa è l’Azione Cattolica? Mi pare che sia soprattutto una realtà di cristiani che si conoscono, che si vogliono bene, che lavorano assieme nel nome del Signore, che sono amici: è questa rete di uomini e donne che lavorano in tutte le diocesi, e di giovani, e di adulti, e di ragazzi e di fanciulli, che in tutta la Chiesa italiana, con concordia, con uno spirito comune, senza troppe ormai sovrastrutture organizzative, ma veramente essendo sempre più un cuor solo e un’anima sola, cercano di servire la Chiesa. E questa è la grande cosa. Perché noi serviamo l’AC non poi perché ci interessa di fare grande l’AC; noi serviamo l’AC perché ci interessa di rendere nella Chiesa il servizio che ci è chiesto per tutti i fratelli.” (Vittorio Bachelet)
L’Azione Cattolica nasce in diocesi grazie al sostegno personale di mons. Castelli e alla collaborazione di don Biagio Cipriani.
Come per lo scoutismo, il Ricreatorio San Carlo può vantare la primogenitura diocesana dell’Azione Cattolica. Quando mons. Carlo Castelli arrivò a Fermo nel 1906, l’Opera dei Congressi era già stata chiusa, e con essa si erano spente tutte le vivaci associazioni che facevano riferimento al movimento cattolico. Tuttavia, era molto diffusa la volontà di superare il momentaneo stallo politico, e quelli che erano stati i primi fermenti che avevano animato la diocesi in maniera capillare, fin nelle periferie, erano pronti a riorganizzarsi. L’azione politica doveva, però, essere coniugata con la sfera religiosa ed interagire con essa, per evitare il duplice rischio di sociologismo da un lato e di spiritualismo dall’altro. Il Vescovo aveva chiarito più volte questa linea nelle lettere pastorali. Mons. Castelli aveva sempre creduto che il fondamento della pastorale giovanile dovesse essere la catechesi classica in una forma rinnovata e brillante, magari unita a pratiche di pietà contemplate dalla tradizione. Tutto ciò sarebbe dovuto servire a far maturare al giovane una coscienza di cristiano e di cittadino, di persona libera ma spontaneamente sottomessa alla gerarchia, di individuo facente parte allo stesso tempo della chiesa e della comunità civile, e dunque chiamato a testimoniare il Vangelo con le scelte della propria vita. Questa impostazione trovava la sua applicazione ideale nell’ACI.
Il San Carlo organizzò la formazione della Gioventù Cattolica in coerenza con i principi seguiti dall’AC a livello nazionale; il primo compito era centrare la propria azione per la causa della Chiesa nella salvezza delle anime, cioè fornire ad ogni associato gli strumenti per la santificazione personale e per un’azione feconda nella società.
Il giovane cattolico era chiamato a rendere visibile il comando evangelico dell’amore attraverso le forme esistenti nella chiesa, come la conferenze di Vincenzo de’ Paoli, gli ospizi cattolici, i Pii Sodalizi.
Tutto il programma veniva riassunto nel trinomio: preghiera, azione, sacrificio.
Parallelamente alla Gioventù Cattolica, nacque nel Ricreatorio, anche se non si diffuse in Diocesi, la prima sezione della FUCI. Una lettera del comitato centrale certifica la fondazione del primo nucleo nel 1916 ed il conferimento della nomina di primo presidente a Marcello Seta. La FUCI, come ricordava lo stesso don Cipriani, non ebbe un grande sviluppo, perché non esisteva a Fermo un Ateneo di prestigio che richiamasse una numerosa presenza di studenti universitari. La FUCI si limitò ad offrire un’assistenza spirituale agli studenti che, risiedendo fuori, tornavano alle loro famiglie per il fine settimana.
L’AC si sviluppò a tal punto che tutti i parroci furono interessati ad introdurla nella loro realtà, anche su forte spinta del Vescovo che ne era fermo sostenitore. L’AC era la pastorale giovanile, familiare, missionaria, catechistica… era allora l’unico vero strumento della Chiesa. L’AC riconosceva l’ordine gerarchico, rispettava l’autorità, sapeva mettersi al suo servizio. Era competente in ogni ambito e viveva nel mondo e per il mondo. I giovani e gli adulti di AC in tutte le realtà parrocchiali erano testimoni, evangelizzatori, catechisti ed educatori seri e capaci.
L’associazionismo visse un grave periodo di crisi negli anni del fascismo e il culmine si ebbe nel Maggio 1931 quando venne chiuso il San Carlo e con esso tutte quelle associazioni che vi avevano sede.
Al termine della II Guerra mondiale, l’attività riprese ovunque e per tutti e con maggiore entusiasmo. Gli anni che seguono sono stati decisivi per l’AC soprattutto a livello nazionale. Dopo la svolta del ’69 molti furono coloro che l’abbandonarono. Dal 1948 al 1969 parte dell’associazione visse in simbiosi critica col PPI, poi DC. Stranamente i responsabili parrocchiali erano anche consiglieri comunali o segretari di partito. La Diocesi di Fermo rispettò questa tendenza nazionale; non era difficile incontrare, in occasione delle campagne elettorali, deputati e senatori nei circoli parrocchiali di AC al pomeriggio e nelle sedi del partito la sera, dopo una cena organizzata magari dal parroco e dai fedeli. Seppur il rinnovamento del 1969 con la cosiddetta scelta religiosa, abbia comportato una riduzione corrispondente quasi alla metà dei soci, questa scelta ha ricondotto l’AC alle sue origini, riqualificando la sua dimensione spirituale e testimoniale.
Questa associazione è stata la prima, insieme all’AGESCI, ad occuparsi dei più piccoli, ad iniziarli gradualmente ad un cammino di fede.
L’educazione alla santità, la formazione di una coscienza religiosa, la testimonianza, il servizio, la carità sono da sempre le caratteristiche principali dell’AC e con questo patrimonio da più di un secolo contribuisce alla crescita dei ragazzi, dei giovani e degli adulti della Chiesa fermana.
Oggi l’Associazione si trova nel territorio fermano con la sua connotazione tipica e irrinunciabile di livello parrocchiale.
È presente in 30 parrocchie della diocesi, oltre ad una parrocchia molto a nord cioè l’associazione di Monaco di Baviera.
Nell’ambito di una situazione complessiva di tenuta e incremento delle adesioni nelle Marche, in controtendenza rispetto al livello nazionale, il numero dei soci è tornato sopra alla soglia dei 2.000 (circa 9.000 sono i soci delle tredici diocesi marchigiane).
Si tratta di Associazioni che vanno da realtà molto grandi con un consiglio eletto dai soci e la presenza di tutti i settori fino a realtà molto piccole in larga parte avviate o riavviate dalla presenza di ragazzi iscritti all’ACR e con un coordinamento non avendo la possibilità di esprimere un consiglio parrocchiale completo.
Negli ultimi anni il numero di ragazzi è notevolmente aumentato tanto che la metà dei soci del 2017 è rappresentato proprio dalle fasce di età dell’ACR.
Questo in larga parte è dovuto ad una grande attenzione ai più piccoli che le parrocchie da tempo stanno rivolgendo alla strutturazione di tutta l’azione pastorale, includendo necessariamente gli adulti in quanto genitori.
Inoltre, negli ultimi tre anni si sta diffondendo nelle parrocchie della diocesi una maggiore consapevolezza circa la caratteristica propria dell’articolazione ACR, cioè l’iniziazione cristiana: alcune realtà hanno pertanto chiesto all’Associazione di occuparsi del cammino di preparazione al Sacramento della Confermazione.
Grazie alla presenza del presidente diocesano dell’Associazione nella Consulta delle Aggregazioni Laicali è cresciuta negli anni la conoscenza, la stima e la collaborazione tra le varie realtà ecclesiali e gli Uffici di Curia, tanto che molti soci ricoprono incarichi di responsabilità non solo in Azione Cattolica ma anche in organismi istituzionali della Curia.
Un cammino di più di cento anni allora che vede la sua strada già segnata da una realtà nazionale in cui siamo molto presenti con la partecipazione ai diversi momenti di formazione, informazione, riflessione e programmazione che il Consiglio Nazionale offre nel corso dell’anno.
Ci piace ricordare che nel 2018 abbiamo visstuo un anno speciale: le celebrazioni di 150 anni di storia.
Non un vacuo ricordo del tempo passato né un’autocelebrazione gloriosa di storia.
Celebrare un anniversario, come già accaduto il 30 aprile 2017 a Roma in Piazza San Pietro con il Santo Padre, vuol dire ridirci cosa chiede oggi la Chiesa all’Azione Cattolica e cosa possiamo recuperare dal passato per proiettare l’azione apostolica affidata dal Concilio Vaticano II nel presente e nel futuro.
A Roma il Papa ci ha incoraggiato ad essere testimoni autentici della speranza che lo Spirito Santo suscita: ci impegniamo ogni giorno nella scuola, nel lavoro, nella famiglia, nella parrocchia e nel tempo libero perché questo non venga mai meno e su questo imploriamo la paterna benedizione di Dio Padre.